venerdì 31 ottobre 2014

Zellweger, l'accettazione sociale e il decoupage

Dal Giornale del Popolo del 24 ottobre

Come abbiamo fatto a non capirlo prima? È lo stile di vita sano, sinonimo o mal che vada sottoinsieme della felicità, a rendere bellissime. Ma che dico bellissime: liscissime, prive di ogni ruga, tirate al punto da fare a meno di tutta l'espressività superflua. Perché rischiare una miriade di espressioni quando si può accontentarsi di quella giusta? Poi il caso vuole che quella giusta sia un ghigno in cui il sorriso è in predicato perenne di divenire tragedia e non c'è più niente da fare. Soprattutto: non c'è più niente da distinguere e una Donatella Versace è solo l'ultimo anello di una catena tragica che comincia con Nicole Kidman e prosegue con Meg Ryan o quel che resta di loro. Stiamo parlando della plastica, del botox, dei ritocchi e tutto quello che, come uno strato di decoupage su un mobile vecchio, si sovrappone fino a che un giorno ti svegli e non sai più se quella su cui hai iniziato a lavorare era una sedia o una lampada. Qualche giorno fa Renee Zellweger, l'attrice di Bridget Jones, è apparsa molto diversa da come ce la ricordavamo. Di fronte alle foto del passato fornite dai tabloid l'attrice ha detto che sono sciocchezze, è diversa perché finalmente vive una vita sana e più felice. Dopo decenni di assuefazione e quella che pensavamo una discreta accettazione sociale siamo ancora lì: il ritocchino va sempre negato. E rimane aperto il dilemma che ci assale di fronte a quelle anime deturpate da labbra a canotto e zigomi schizzati a un paio di centimetri dalla fronte: c'è davvero un canone di bellezza che non comprendiamo e a cui queste signore plasticamente rispondono? O semplicemente si sono fatte sfuggire il bisturi di mano?

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