giovedì 26 gennaio 2017

Di figli, parole e minacce


Dal "tira su le maniche quando lavi le mani" all'arcinoto "questa casa non è un albergo" e "io non sono mica la cameriera assegnata a questi 85 metri quadrati". L'infanzia di tutti noi è piena di frasi che giuriamo di non ripetere mai quando per caso dovessimo diventare genitori. Arrivano i bambini e partiamo con il piede giusto ripetendo a destra e a manca che le maniere forti non portano a nulla e che le minacce sviliscono innanzitutto chi le fa, rinvigorendo gli istinti indisciplinati e pestiferi di chi le subisce. Poi arrivano le bambine giudiziose che sviluppano anche doti retoriche. "Tu non vuoi mai avere torto, ripeti solo le cose che ti dico io ma in maniera diversa, ma non hai ragione!". Sotto Natale diamo il peggio di noi e tiriamo fuori la minaccia del sempre efficace Babbo Natale: "Guarda che non porta regali ai bambini disobbedienti!". "Se non li porterà mi dispiacerà un po' e poi mi passerà". Continuiamo a cercare merci da prendere in ostaggio, giocattoli da negare, cartoni da censurare. Fino a che non ci accorgiamo che sono carne della nostra carne ma sono inesorabilmente distanti da noi. Hanno la forza di volontà e la decisione che noi non abbiamo avuto mai e incolpiamo il DNA del padre, che inevitabilmente deve avere preso il sopravvento e forse pure l'inesistente metodo educativo con cui le abbiamo tirate su. Poi arrivano risposte come quella di poche righe sopra e alziamo le bracci: non possiamo farci niente. E a Babbo Natale chiediamo tanta pazienza. Oltre alla borsa firmata giusta, si intende!

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