venerdì 8 marzo 2013

Un 8 marzo contro i food blog


Dal Giornale del Popolo dell'8 marzo
Con nostro sommo dispiacere è finito il decennio in cui cucinare era un'occupazione per signore annoiate e schiave di una visione retrograda di se stesse. Il tempo suggellato dal gesto sommamente liberatorio di Carrie Bradshaw che in Sex and the city usava la cucina come guardaroba facendo concludere a noi ragazze di provincia che c'è un qualcosa di inspiegabilmente affascinante e modaiolo nel non sapere come si cuoce un uovo sodo. Poi ci siamo distratte un attimo e la gente ha scoperto i social network, i blog e l'insopprimibile desiderio di mostrare al mondo le proprie prodezze, anche culinarie. In fondo i food blog sono per gli over trenta quello che i fashion blog sono per gli over venti. Nei fashion blog giovani donne informi ci mostrano in tutte le salse i vestiti appesi a se stesse, spesso diventano pure famose con il risultato che i grandi marchi della moda le invitano agli eventi e - eccolo quello che non va giù a noi che prosciughiamo il conto in banca per vestirci come non potremmo permetterci - regalano loro abiti e borse. Il food blog, all'apparenza più innocuo, è la vetrina dei perfettini, quelli che con leggerezza rotolano nel miele lonze di maiale, irrorano di latte l'arrosto e impiattano il tutto senza sporcare i loro maglioni finto casual prima di essere ritratti da una macchina fotografica digitale. Il food blog, signora mia, è davvero ciò contro cui noi donne, oggi, in questo ennesimo e inutile 8 marzo, dovremmo ribellarci. E rivendicare il nostro diritto a cucine illibate.

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