venerdì 29 marzo 2013

Vestivamo alla grillina, dalle Camper al pullover blu tendenza Pizzarotti

Violando il contratto di esclusiva che la lega al presente blog, la Ficcanaso ha cianciato di costume grillesco per gli amici di Revolvere.net

«Inquadratele, queste scarpe sporche, sono le stesse con cui sono andato al Quirinale». Il Vito Crimi reduce dalla manifestazione No Tav non è quello che manda a quel paese i giornalisti, gestisce la situazione dribblando lo scontro, indirizza lo sguardo delle iene dattilografe su un particolare soddisfacente per entrambi. Per loro è una curiosità fotografabile, per lui la prova di un corso politico nuovo in cui i parlamentari sono cittadini portavoce che consumano (e sporcano) le suole delle scarpe per sostenere battaglie cruciali sul territorio. Al Quirinale, pochi giorni prima, insieme a Crimi e Roberta Lombardi, capigruppo per il Movimento Cinque Stelle al Senato e alla Camera, c'era anche lui, Beppe Grillo. «Avete visto ieri Grillo? È andato da Napolitano travestito da dittatore dello Stato libero di Bananas...». È toccato a un Berlusconi vedente, vegeto e scatenato sul palco di Piazza del Popolo dire quel che la nazione aveva pensato di fronte al cappotto grigio eccessivamente lungo e abbottonato del comico genovese. Per un Beppe con cappotto fuori luogo (con tutta la retorica da provinciale che s'agghinda per andare in città che facilmente ne deriva), c'era un Crimi con giaccone sportivo e una Lombardi con anonimo tailleur nero e zainetto sulle spalle. Della serie: mi si nota di più se mi vesto mediamente bene o se mi presento con la monovolume? Nel dubbio, i tre volti simbolo del M5S hanno scelto di fare entrambe le cose. 
Una settimana prima, la presentazione dei candidati eletti al Parlamento trasmessa in diretta streaming ci aveva permesso di iniziare il faticoso lavoro di collocazione estetica dei marziani in Parlamento. Ragazze in finto elegante, madri di famiglia o disoccupate con impegni più importanti della messa in piega, pesi medi a impatto zero con molti tatuaggi, calzoni comodi e facilmente sospettabili di odori patchouli e aromi d'incenso. Ancora. Abbigliamenti originali e low cost tipici dei post-Erasmus, quelli che si credono scaltri nel mixare i capi, poi un bel giorno scoprono che l'ingrediente che rendeva vagamente sopportabile il loro stile era eccezionale ed effimero. Si chiama giovinezza e una volta scomparsa si ritrovano con un carico non smaltibile di scarpe Camper che rendono le donne papere e i maschi inavvicinabili. Per il resto, la più larga parte dei maschi grillini sembra essere quella dei professionisti del pullover, più Pizzarotti che Marchionne, non un vezzo ma una divisa ordinata e rassicurante per ogni occasione.
L'estetica grillina pesca riferimenti in maniera imprevedibile e creativa come fa coi voti: dai sinistri fan del cotone organico ai moderati comodamente assestati sulla camicia azzurra. Non coltivano l'originalità estetica ad ogni costo (tra loro mancano in toto le ascendenze radical chic e il tempo ci dirà se sia un male), né si sognano di trasferire nei propri guardaroba i canoni dell'abbigliamento del leader. E fieramente si stringe il cuore a pensare quanto sia lontana l'immagine di un Berlusconi pre bandana che passeggia nel giardino di Villa Certosa seguito da una squadra di collaboratori in total white.
Se la disciplina cromatica era la cifra distintiva del comunemente disprezzato bipolarismo muscolare, il nuovo corso politico prende il via da un rompete le righe estetico senza precedenti. Una rivoluzione colorata ma non troppo, per ribadire il rifiuto di ogni frivolezza e l'eterna preminenza del significato sul significante, la sacralità dei contenuti indisponibili ad ogni mercanteggiamento. I venti punti del programma cinque stelle sono l'accessorio irrinunciabile, da portare su tutto perché in grado di nobilitare e dare senso all'insieme come fanno un paio di scarpe da quattrocento dollari su un vestito da venti dollari (insegnamento fondamentale che dovremmo giustamente attribuire a Sex and the city, se il genere non fosse ormai inquinato dalle folle che hanno scoperto Manolo Blahnik con una serie tv). Eppure è questa la dinamica dell'accessorio che nobilita uno stile, ciò che gli altri non capiscono e invece è la cartina di tornasole della serietà di una proposta come di un outift. Se è così Pier Luigi Bersani dovrebbe capire che ha poco da contrattare, con costoro. Perché venti paia di scarpe non sostituiscono l'unico paio giusto. E lo stile, contrariamente a quanto crediamo nei momenti di sbornia da saldi, non è cosa per gente che pensa al risparmio né per ragazze tentate dall'accumulo. I cittadini-portavoce sono inflessibili sui contenuti ed esteticamente indecifrabili. Di sicuro, lo shopping è l'unica cosa che non fanno on line. 

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