mercoledì 21 agosto 2013

Oprah e la provincia nel dna

Dal Giornale del Popolo del 16 agosto
Era una storia perfetta, in grado perfino di scomodare il riferimento alla scena di Pretty Woman in cui una Julia Roberts ancora vestita da donna della strada viene cacciata dalle commesse arpie di un negozio di Beverly Hills. Nel film Julia tornerà giorni più tardi a fare sbavare di rabbia le arpie dopo una sessione di shopping violenta con Richard Gere, colui che si prende la briga di insegnarle ciò che noi ragazze impariamo presto e a nostre spese: «Non sono mai gentili con la gente, sono gentili con le carte di credito». Ecco, a Zurigo qualche settimana fa, Oprah Winfrey sarebbe stata vittima di un episodio di razzismo. Se fossi stata bianca, è il ragionamento della regina dei talk show americani, la commessa di quel negozio chic non avrebbe avuto alcuna esitazione a mostrarmi una borsa da 35mila franchi. In alcune interviste successiva ha addirittura detto di essersi agghindata di tutto punto per lo shopping: una gonna di Donna Karan e i capelli in ordine per non essere presa per una pezzente qualunque. Ecco, Oprah. Sbagliato. Una vera provinciale sa che la battaglia più difficile è quella con le commesse, portatrici sane di discriminazione con chiunque non sembri abbastanza inserito nel loro mondo e addirittura paia sforzarsi di farne parte. Un commesso gay non le avrebbe impedito di vedere la borsa, sarebbe riuscito a convincerla che non si abbinava con il suo peso e Oprah l'avrebbe accettato, incurante dell'aggravante razzista contro i grassi (la più frequente nei negozi fighetti). Raccontando (e invero ridimensionando) l'episodio Oprah ha persino voluto notare che trentacinquemila franchi per una borsa sono una cosa «immorale». Oprah, è lì che ti sei tradita. Lì che ci hai fatto capire, a noi che di provincia ci intendiamo, che dalla provincia, sia quella geografica o quella del sovrappeso, non si esce mai. Neanche coi capelli in ordine e una gonna firmata.

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