venerdì 4 ottobre 2013

Ode a Olivia Pope, che ci fa credere che non c'è casino inaggiustabile

Dal Giornale del Popolo del 4 ottobre

In ogni relazione la scoperta delle serie tv ha infuso nuova linfa, creato nuovi stimoli, salvato matrimoni a corto di parole, scaldato inverni interminabili e dato un senso a estati torride in città con l'aria condizionata al massimo e i bambini in villeggiatura. Il motivo per cui le serie tv (soprattutto quelle americane) avvicinano gli uomini e le donne è che possiedono per natura ciò che ogni amore perde con l'inesorabile andare del tempo: un'ottima sceneggiatura, tempistiche serrate e colpi di scena che ti fanno venire voglia di andare avanti, soprattutto se quell'avanti è un nuova puntata di trenta (o al massimo 60) minuti a notte fonda («Dai, solo un'altra e poi andiamo a dormire»). Trenta minuti sono il tempo giusto per non addormentarsi, il tempo per tenersi per mano nei momenti salienti dell'azione senza sentirsi ridicoli, per amare quei personaggi costruiti per rapirci il cuore. L'ha fatto Grey's Anatomy; l'ha fatto (e pare un secolo fa) Sex and the city (invero adatta poco agli uomini e molto alle donne); lo fa (e ha ricominciato a farlo ieri sera con la terza serie iniziata negli Usa), Scandal, la serie ambientata nei palazzi del potere di Washington che gira intorno a Olivia Pope, di professione “fixer”. Letteralmente “aggiustatrice”. Il suo motto è “everything can be fixed”: tutto si può aggiustare, tutto si può risolvere. Si tratti di matrimoni, corna, scandali sessuali, trame, casini politici, accuse ingiuste. Olivia Pope ci crede e sa farci credere che è vero. Per numerosissime sessioni di sessanta gloriosi minuti. E quando spegni la tv pensi che tutto si possa aggiustare. Persino la maledetta luce dello sgabuzzino su cui vi scannate da giorni.

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