mercoledì 9 novembre 2016

Le parole sono (ancora) importanti

Dal Giornale del Popolo del 21 ottobre
Puoi farci da bridge? Pensavi a un main sponsor o a un village con tanti partner?

Puoi avere un point dove andare? Ci vediamo alle 4, ma vuoi che ti mandi un calendar? Mi è arrivato un complain perché non ero riuscito a fissare la call. Avevo pensato di riempire tutta questa rubrica delle espressioni che sentiamo tutti i giorni nei nostri uffici. Ma temevo che la reaction dei miei lettori potesse essere pessima. E il look&feel della rubrica ne avrebbe indubbiamente risentito. I luoghi che frequentiamo hanno un idioma tutto loro, primo segno di appartenenza a un gruppo di persone. In fondo non è abitudine degli amanti darsi dei soprannomi e condividere un linguaggio? E allora perché i luoghi in cui spendiamo il 90 per cento del nostro tempo dovrebbero fare eccezione? Abbiamo bisogno anche lì di un linguaggio per riconoscerci e di un codice di comportamento per capire chi mettere in copia nelle nostre mail. Tanti di noi imparano ad essere subito degli ottimi Forward Manager, altri si perdono nel reply to all e inviano ai clienti gli epiteti poco carini che avrebbero voluto affibbiargli condividendoli con il compagno di banco. Forse dovremmo fare un bel respiro, aprire una nuova mail, mettere nel campo destinari tutti i nostri colleghi e in cc i nostri clienti e poi inviare a tutti quell'indimenticabile spezzone di Palombella Rossa in cui Nanni Moretti prendeva a schiaffi una giornalista intenta a usare parole come “kitsch”. Non avremo modo di calcolare la redemption di un gesto del genere, ma ci prenderemmo delle belle soddisfazioni in cc. Perché “le parole sono importanti”.

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