Da Ticino7 del 9 maggio 2020
Quattro, cinque, dieci. La bontà del dato dipende dal rapporto (complicato) tra numero di giorni di isolamento, variabile figli, metri quadrati di casa, presenza di giardino/terrazzo, condomini simpatici, parenti a portata di mano. Per gente che ha poca dimestichezza con la statistica, analizzare il tema sesso e lockdown è incredibilmente complicato.
Tendenzialmente ogni amica a cui si telefona riferisce di ritrovate vivacità di vite sessuali altrui (che volete, c’è gente che ama raccontare e vantarsi) e intanto scuote la testa: “Ma come fanno, mi dico, che io mi alzo e vado a letto pregando che la rete wi-fi regga a tutto questo stress?”.
Il minuscolo campione intervistato (certamente non staremo qui a cavillare sulla sua rappresentatività) alza gli occhi al cielo come quando riceve un messaggio sulla chat di classe che invoca la class action contro la scuola che da pochi compiti, la didattica a distanza che non funziona, le video lezioni, i webinar e il digital divide che impedisce ai nostri figli di imparare e soprattutto di levarsi di torno per almeno due ore consecutive.
Quelli che riscoprono le gioie delle lenzuola lo dicono a bassa voce, in imbarazzo come chi ha ancora babysitter e giardini di svariati metri quadrati. Le amiche che indagano si trasformano in vipere più velocemente del solito: «Bisogna capire a cosa erano abituati prima!». In pochi secondi siamo al grande classico, come un qualunque governante che cerchi di smorzare o aumentare il panico (a seconda dell’obiettivo politico del momento): i numeri vanno interpretati, contestualizzati e bisogna analizzare tutto con molta calma.
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