venerdì 1 marzo 2013

Il tempo della consapevolezza alimentare


Dal Giornale del Popolo del 28 febbraio
In quei negozi a chilometro zero e filiera corta che si trovano a ogni angolo di strada (scovare un supermercato normale è diventata un'impresa) la donna con passeggino è un agnello che trotterella nella tana del lupo. Nella tana ci sono generalmente giovanotti tatuati molto affascinanti e vegetariani che ci conoscono fin troppo bene. Sanno che se le nostre madri s'erano liberate dell'incombenza della torta fatta in casa grazie al Mulino Bianco (che allora si comprava per le sorprese e non per i dialoghi con le galline del Banderas mugnaio zen), noi invece perseguiamo il ritorno alle cose genuine di una volta in nome della consapevolezza alimentare della famiglia e della sicurezza alimentare delle creature: «Glieli faccio io i biscotti, così so cosa ci metto dentro». Solo che poi, e questo i giovanotti tatuati lo sanno bene, tra il dire e l'impastare c'è di mezzo di tutto (manicure compresa), così ricorriamo ai loro prodotti a filiera corta, accettando volentieri il sovrapprezzo come tassa sulla pigrizia che ci ripromettiamo di combattere domani. Così accade che i nostri bambini mangino solo roba sana, nutriente e infarcita di fibre, una sorta di vaccino preventivo per il momento in cui chiederanno di essere portati da McDonald's e baratteranno i biscotti di farina biologica con un Happy Meal. Ormai nei mercati a km zero c'è di tutto: una volta solo fricchettoni e gente inspiegabilmente vestita da trekking, oggi si va dallo studente fuori sede alle manager che non ci vede più dalla fame ma non si farebbe mai beccare con una Fiesta in mano. Eccolo, il capo più di moda in questi tempi: la consapevolezza alimentare. Che si porterà ancora per un po' perché in questo mondo di intolleranti/allergici al glutine sapere cos'è la Quinoa ti dà più punti che avere sul frigo la foto del bambino adottato a distanza.

1 commento:

Elisa B ha detto...

quanto mi fai ridere! baci siter