lunedì 12 maggio 2014

Il ritratto di famiglia

Dal Giornale del Popolo del 9 maggio

Siamo d'accordo che sarà un ritratto vecchio stile. Il nostro modo infinitamente snob di rispondere alla sbornia digitale che riempie le memorie dei nostri telefonini e svuota gli album fotografici. Certo, lo facciamo anche per dare una soddisfazione all'amico col pallino della fotografia. Verrà a studiare la luce per individuare il momento adatto e poi ci racconteremo che l'unica stanza disponibile è – guardacaso – la migliore. Speriamo che porti il cavalletto per darsi importanza e per darne a noi. Un ritratto di famiglia è una cosa seria, di quelle per cui si dovrebbe andare dal parrucchiere e farsi trovare in una forma fisica decente. Il giorno che decise di far fotografare i suoi tre figli mio nonno li caricò tutti sulla bicicletta. Dodici chilometri di strada e curve in salita per arrivare a uno studio dove il fotografo intimò ai bambini di guardare sempre dritto nell'obiettivo. Il risultato è una foto sensazionale, di quelle tipiche dei tempi in cui il bianco e nero era un condizione e non un filtro di Instagram, con la più grande che tiene in mano i piccoli e fissa il fotografo senza l'ombra di un sorriso. Sono passati anni da allora e ancora mia zia ricorda la concentrazione di quel giorno, convinta com'era che se avesse anche solo inclinato lo sguardo la macchina non avrebbe funzionato. Ecco spiegata la serietà che manterremo durante la lavorazione del nostro ritratto di famiglia. E nessuno pensi che stiamo trattenendo il respiro per ingannare l'obiettivo.

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