venerdì 30 maggio 2014

Abbiamo bisogno di Meriam

Dal Giornale del Popolo del 30 maggio
Fino a qualche giorno fa la storia della cristiana sudanese imprigionata incinta a motivo della sua fede secondo la sharia era finita in quel serbatoio di notizie terribili che scatenano riprovazione ma non toccano il cuore. C'è tanta di quella roba là fuori, sembra essere il ragionamento inconscio del nostro cervello implacabile come un algoritmo di Google, che qualcosa ci sfugge e non si può farsene una colpa se ogni tanto qualcosa finisce inavvertitamente nella cartella dello spam. Quindi è stato per puro caso che ho letto la storia oltre i titoli. Scoprendo che Meriam è più giovane di noi mamme consapevoli fan dei giochi di legno. A 27 anni ha partorito in una prigione sudanese dove bisogna pregare per rimanere vive e la peridurale non c'entra niente. Dall'infermeria tornerà presto in cella con la neonata e l'altro bimbo di venti mesi. Ho pensato a qualche giorno fa, quando su WhatsApp noialtre ci lamentavamo del senso di soffocamento dello stare in casa coi bimbi con il parco giochi fuori uso per la pioggia. Meriam ha due anni di tempo: il governo sudanese le usa la “delicatezza” di rimandare l'esecuzione della pena per permetterle di allattare la piccola. In ogni lunghissimo giorno di quei brevissimi due anni Meriam sarà la casa, la libertà, gli occhi, il gioco e il nutrimento dei suoi bambini. Abbiamo bisogno di non rimetterla nello spam, per credere che in uno strazio così asfissiante ci sia un amore così sconfinato. 



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