lunedì 12 maggio 2014

Il selfie di famiglia

Dal Giornale del Popolo del 2 maggio

Nel nostro pasquale c'erano mezzo metro di tovaglia, la faccia intera di mio padre, un occhio a testa mio e dei miei cugini e, se solo l'audio fosse un'opzione praticabile, avremmo avuto anche la voce della zia che grida “ciao ciao” nonostante i ripetuti tentativi di spiegarle in ogni modo che un selfie è una foto e non un filmino. Ora che l'autoscatto con cellulare, meglio noto – appunto - come selfie, ha fatto la sua comparsa anche nella provincia più profonda e nelle feste comandate possiamo aspettarci di tutto e soprattutto abbiamo una prova ulteriore e definitiva (se mai ce ne fosse stato bisogno) dell'estrema vanità del nostro tempo. Perché se il selfie pasquale in famiglia poteva giustificarsi come cartolina virtuale ai familiari assenti, quelli che ci facciamo tutti i giorni hanno il solo e unico scopo di confortare il nostro ego. In qualunque variante siano concepiti. Dal selfie con bimbo in braccio, a quello con invidiabile fisico post partum e occhiali da sole (vedi alla voce Melissa Satta) a quello, ormai passato alla storia, del parterre dei meglio attori di Hollywood durante la cerimonia degli Oscar, diventato in poche ore il tweet più condiviso della storia. Perché, insomma, se non è condiviso sui social che autoscatto è? E se dopo questa osservazione vostra madre deciderà di aprirsi un profilo Facebook sappiate che nulla la fermerà. Nemmeno l'accidentale caduta dello smartphone nel water.  

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