giovedì 9 aprile 2015

Di principesse e bambole di pezza

Dal Giornale del Popolo del 20 marzo

Siamo moderni. I nostri figli sono piccoli e noi pensiamo a già a come raccontargli cosa succede nel mondo. Compriamo per loro libri importanti (quell'edizione di Alice nel paese delle meraviglie illustrata da Yayoi Kusama aspetta solo qualcuno che la sfogli avidamente), ci attrezziamo alla meglio per comprenderli con qualche rudimento di psicologia infantile. I più previdenti di noi hanno anche pronta la spiegazione di come nascono i bambini, ci hanno pensato hanno costruito una narrativa che ritengono credibile e aspettano con sostanziale serenità il momento delle domande. Domande che sono comunque meno scabrose di quelle sulle principesse. Di fronte a un mega poster di Cenerentola la bambina che sta per compiere tre anni ha notato subito le cose importanti: il vestito, azzurro e un po' scollato e la scarpetta. «Ma perché deve perdere la scarpa?». «Questione di destino, bambina mia. Se Cenerentola non perdesse la scarpetta non incontrerebbe il principe». La bambina di cinque anni, uscita dal cinema, si sente chiedere dal padre cosa pensi del principe azzurro. «Sei più bello tu, papà», risponde a un uomo ormai definitivamente schiavo della sua bambina. Peggio che coi grandi classici va quando le bambine chiedono della principessa Sofia. Su internet la Disney spiega che è una principessa che insegna che «sono gentilezza, generosità, lealtà, onestà e grazia che rendono speciale ogni persona, e non ciò che indossa». Con buona pace di noialtre, che ci illudevamo di poterle tirare su con le bambole di pezza, dribblando il consumismo con il radical chic. 

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