giovedì 12 novembre 2015

Il rancore è cancerogeno

Dal Giornale del Popolo del 30 ottobre

Non ho visto le immagini dall'elicottero. Non ho visto neanche le ultime, quelle riprese dalla moto. Non ho visto tutta la sequenza, “frame by frame”, come ci aveva detto di fare Valentino, del duello che ci ha appassionato e scaldato quasi quanto quello dell'Oms contro la carne rossa. Io so solo quello che una donna ignorante e fedele deve sapere: Valentino ha spiegato di non aver fatto nulla di male e io gli credo. Gli credo perché è l'unico rappresentante di un qualche sport che seguo con incostanza ma con assoluta sincerità insieme a Roger Federer. Gli credo perché lo invidio fino ad ammirarlo, perché abbiamo la stessa età e siamo nati a una manciata di chilometri di distanza e io sono orgogliosa di lui. Quindi per me ha ragione lui, in tutto e per tutto, ma questo non gli restituirà giustizia né il mondiale. Non so cosa succederà alla prossima gara. Ma so cosa vorrei che succedesse quando le ingiustizie e le sofferenze toccano a noi. Vorremmo che tanti tifassero per noi. Vorremmo una solida schiera di fan che ci dicano il loro affetto e il loro bene anche nella maniera più superficiale e stupida, con un like su Facebook o un hashtag dedicato. Vorremmo che il bene trionfasse e che, nell'ultimo giorno utile, qualcuno ci mettesse una mano sulla spalla e ci dicesse che va tutto bene. Non so se questo succederà, non so se all'ultima gara della stagione gli altri piloti o il destino possano fare qualcosa per cambiare le sorti del mondiale del nostro campione. Però so che sarebbe bello prenderla con sportività e uscire di scena senza piangere e senza paura del futuro; con il cuore intatto e contento. Perché il rancore, quello, conservanti o no, è cancerogeno.

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