martedì 24 novembre 2015

Paura

Dal Giornale del Popolo del 20 novembre

«Volevo chiamarti, ma poi, sai, con questa cosa del terrorismo...». «Temevi mi fossi arruolata nell'Isis?». È iniziata così la conversazione via WhatsApp di questa mattina con una mia vecchia amica. Abbiamo riso, scherzato, ho preso in giro la sua paura come faccio da sempre da quando ci conosciamo. Ho cercato di farle capire che il non telefonare alle amiche non ha nulla a che fare con l'orrore che ha devastato Parigi e sconvolto le nostre vite. Ho sorriso di fronte a uno dei classici ragionamenti illogici della mia cara amica. E poi, ore dopo, ci ho ripensato. Ci ho ripensato perché un'altra amica mi ha consigliato un negozio di giocattoli a Milano «ottimo per i regali di Natale e poi, vantaggio non da poco, è lontano dal Duomo». Segue sorriso, della serie “sto scherzando ma non troppo”, soprattutto dopo che l'FBI ha reso noto che in Italia Milano e Roma sono target potenziali del terrorismo dell'Isis. La sera prima un'altra amica confidava di essere intenzionata a vendere il suo biglietto per il concerto di Jovanotti. In tutti i casi ho recitato la parte della più ragionevole e pragmatica (poveri noi), dicendo che a livello di probabilità è sicuramente più pericoloso camminare per strada che visitare potenziali obiettivi sensibili. Ho fatto la superiore,  esibendo una ragionevolezza che per quanto sacrosanta non è sufficiente a metterci il cuore in pace. Il nostro cuore, in pace, dopo quel 13 novembre, non sarà mai. Il coraggio che ci facciamo non può prescindere da quella domanda fatta dalla bambina di 3 anni il sabato mattina: «Ho capito, mi hai detto che sono cattivi. Ma perché?»

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