venerdì 22 giugno 2007
Di borse, di figli e di altre sciocchezze
Ho letto l'intervista ad Anna Falchi sull'ultimo Chi e mi è venuta una rabbia che neanche quando ho perso l'inizio dei saldi del mio negozio preferito o un reading di Jovanotti. Andiamo con ordine. Erano i primi di giugno del 2005 e, sempre su Chi, la bella Anna posava per il fotografo nella sua nuova casa di Roma, un attico con vista su San Pietro («una casa da giovane coppia», diceva lei. "E mecojoni", esclamai allora pensando al mio loculo in affitto vista chiesa di Massagno). Prossima alle nozze con Stefano Ricucci, Anna parlava del suo nuovo amore e di quanto è importante condividere i valori e chiudeva con la frase che la vera donna emancipata non può non dire: cucinerò manicaretti per lui. (L'emancipazione, infatti, non consiste nell'abbandonare i fornelli, come ben sappiamo noi ragazze di oggi, ma nell'avvicinarcisi - ai fornelli e a tutto l'indotto di mariti e figli - "per libera scelta"). Oggi, due anni dopo, la bella Anna torna su Chi mentre il marito è al centro di infinite polemiche per la tentata scalata al Corsera, e dice che ormai loro non condividono più nulla e che non lo lascia perché economicamente non può permetterselo. E, vedete, non mi arrabbio pensando "di lui amava solo i soldi". Figurarsi se una che perde la testa per una borsa si mette a sindacare sull'oggetto dell'amore altrui. Però sulla dose di amore sì. Perché senza quel sentimento che si nutre di tenacia e pazienza non si compra una borsa dando fondo agli ultimi risparmi, né si giura amore eterno a un marito imperfetto come tutti, né si usa l'ultimo brandello di cuore per affrontare una rottura con la signorile dignità di una che avanza a cuore sotto vuoto e spalle dritte, come dicevano le nonne. Si finisce per abbandonarsi a piagnonerie di bassa lega. «Voglio un figlio», dice Anna alla fine dell'intervista. E io una borsa e delle scarpe nuove. È una scelta, no?
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