Dal Giornale del popolo del 23 novembre 2007
A un mucchio di piedi da terra, isolata dagli auricolari, schiacciata contro un finestrino che dà sull'ala dell'aereo, seduta a fianco a due sconosciuti così da essere scoraggiata ad alzarsi. È così che bisognerebbe vederlo Casablanca. Il divano di casa e persino le poltroncine di un cinema concedono troppa libertà. E invece bisogna stare lì, costretti con lo sguardo sullo schermo a cristalli liquidi incastonato nel sedile del passeggero di fronte. Perché se uno è libero di alzarsi, di svagarsi e prendere aria pensa che sia un film giusto. Non per nulla la maggior parte della gente lo adora come il film dell'amore vero. Quello nobile, forte e spaccacuore. Quello dell'amore che rinuncia a se stesso per il bene dell'amato. L'amore che ci hanno insegnato ad ammirare con le lacrime agli occhi. Niente a che vedere con la mantide Calipso che voleva trattenere Odisseo sull'Isola di Ogigia. Cattiva ed egoista rispetto alla nobile, tenace e paziente Penelope che il suo Odisseo lasciò andare per mare. Mantide anche Didone, che cerò inutilmente di frapporsi tra Enea e il suo destino, cercando di convincerlo a non partire per Roma. Ci hanno insegnato che è molto più poetico e nobile e dignitoso per quanto straziante fare come le mogli degli eroi. Fare come Humphrey Bogart e accompagnare Ingrid Bergman al suo destino. Il fatto è che una volta a terra il fascino del bianco e nero svanisce e si torna al colore di un mondo pieno di Calipso di professione pronte a sgomitare col coltello fra i denti per ottenere quel che vogliono. E poi lì ricordarsi del contegno delle mogli degli eroi è ben difficile.
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