Dal Giornale del Popolo del 28 dicembre
È perché "Le parole sono importanti" (come diceva Nanni Moretti), che ce ne sono tantissime. Per tutte le occasioni. Ci sono parole per studiarsi, per conoscersi, per coinvolgersi. Ci sono parole per riempire il tempo e intrattenersi. Parole per non parlarsi più, parole per amarsi o per non amarsi, parole per restare senza parole. Infinite, le categorie. Di questi tempi, per dire, c'è il classico "buon Natale" per i timorati di Dio o il disimpegnato "buon anno" per quelli che più che il cielo vogliono ingraziarsi la buona sorte. Ecco, con tutte le parole che ci sono perché uno deve ridursi a dire a un altro "Buone feste"? Come se non fosse abbastanza c'è anche chi, oltre all'augurio, sbaglia il mezzo. La mattina di Natale mi alzo di buon ora per scartare i regali e dare una soddisfazione a Babbo Natale (lavoratore usurato e ben oltre i 65 anni) e non faccio in tempo ad alzarmi dal letto che sono sommersa dai biip. Gli auguri di buone feste direttamente sul cellulare. Un incubo, una tortura: lo stesso messaggio mandato a tutti i numeri della rubrica. Il mio spirito reazionario e retrogrado si ribella ma mentre medito una vendetta a suon di biglietti scritti a mano e con pensieri che sgorgano dal profondo del cuore altri biiip a raffica sommergono il mio spirito libero e alternativo. Finché non mi ricordo di quel tale. Quello che a una lettera strappalacrime, spaccacuore, una lettera verità partorita in una notte insonne dopo anni di incubazione più o meno inconsapevole, ha risposto "ok". A quell'altro che dopo orde di parole importantissime mi ha salutato con "ci sentiamo". A tutte le amiche dei falsi "non prendertela", "l'amicizia è più importante di qualunque cosa" eccetera eccetera. Allora con giorni di ritardo ho scritto a tutti un sms. Diceva: "Buone feste".
mercoledì 2 gennaio 2008
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