mercoledì 20 febbraio 2013

Dire bugie è un'arte. Ma anche crederci lo è

I bugiardi seriali non sono serial killer. Spesso sono brave persone, amabili, simpatiche, ti prendono il cuore, la testa, ti amano e ti convincono ad amarli e magari a sposarli con frasi ammalianti che combaciano con quel che desideri. Un giorno mia madre mi telefonò all'università. «Senti, ma è vero che stai dando gli esami?». Segue storia del figlio di amici di famiglia. Il giorno della laurea i suoi lo incontrano già sulle scale della facoltà col sorriso stampato in faccia per la lode: «Si è ritirato uno, mi hanno chiamato prima». Solo mesi dopo, per caso, un parente scoprirà che quella laurea non c'è mai stata. Poi c'è quell'altro che ti fa leggere il suo romanzo. Bellissimo, solo un po' già sentito. Lo ritrovi paro paro su internet. Il bugiardo seriale è così: non si dà pena di nascondere il plagio, la sfrontatezza è un ingrediente fondamentale della sua narrazione. Parte dell'abilità del bugiardo seriale sta proprio nel non mostrare sforzo alcuno. Tu balbetti mentre dici la verità, lui non ha neppure un cedimento mentre inventa all'istante una storia completamente falsa. Oscar Giannino ha mentito su qualche titolo di studio e ora, come ogni bugiardo seriale che incontriamo noi, è sottoposto all'onta del fact checking. Ma il bugiardo seriale non inganna mai completamente il proprio interlocutore se non con la sua, sottile e sicuramente inconscia, complicità. Perché una donna può trovare decine di orecchini nelle tasche della giacca dell'uomo con cui si sveglia e macchie di rossetto e ricevute di fiori che non hanno mai profumato la sua sala da pranzo. E ugualmente continuare a fare calcoli complicatissimi per darsi una spiegazione invece di un banalissimo due più due. Fino a che un giorno il velo si squarcia e tutto improvvisamente viene giù, comincia a combaciare con quel primo sospetto timido sepolto sotto stratificazioni di trasporto amoroso o pigrizia intellettuale. Perché quegli orecchini non possono certo essere di tua suocera, quel segno colorato sulla camicia non somiglia neppure lontanamente a un succo di fragola e al cimitero, da che mondo e mondo, non si portano le rose. Forse Oscar Giannino è un bugiardo seriale, forse ha solo migliorato un po' la realtà e, in fondo, di cosa può scandalizzarsi una repubblica fondata su Photoshop? Però una fiducia tradita una volta è tradita. E tornare a parlarsi senza il fact checking è un lavoro duro, come la costruzione di un amore. Auguri, Oscar. Auguri sinceri.

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