domenica 26 novembre 2017

Mia nonna e la festa dei nonni

Dal Giornale del Popolo del 6 ottobre 2017
Mia nonna – l’ho detto più volte – indossava scarpe con il tacco anche in montagna. Ricordo perfettamente le scarpe da tennis con zeppa che la accompagnavano nelle gite tra i monti con i nipoti che si era portata dietro nella vacanza in montagna con la parrocchia. Tra quei nipoti c’ero ovviamente anche io, la più piccola di tutto il gruppo. Da piccola le chiedevo di fare pomodori gratinati in quantità industriale così che li potessimo congelare e non rimanere senza dopo la sua morte. Da giovane faceva di giorno la parrucchiera e di notte la sarta e nel mezzo cresceva tre bambini tra cui mio padre, che da piccolo voleva fare il prete. Un giorno lui tornò a casa dal seminario un po’ ombroso e lei capì subito che la vocazione non ce l’aveva più. Fu lei a farglielo capire e a farlo capire a mio nonno. Si dice che una volta mio nonno le abbia fatto una scenata di gelosia. Lei ha scioperato in cucina per tre giorni finché lui non è tornato a Canossa. Morto mio nonno ha avuto numerosi pretendenti che ha respinto in malo modo come faceva con tutti. Non era dolce né tenera. Una volta io e mia sorella protestammo perché non avevamo in casa lo stereotipo della nonna con i capelli bianchi che coccola i nipoti. Non l’ho mai sentita lamentarsi di un malanno. Non portava le calze e metteva la legna nel camino acceso direttamente con le mani. Era invincibile e c’era sempre. Tranne quando andava in villeggiatura da mia zia, la sua figlia maggiore, per la disperazione di mio zio. Era una presenza ingombrante e non discreta. Se penso – quando esco dall’egocentrismo tipico dei figli – che è stata la suocera di mia madre mi sento male. Ma è la nonna migliore che potessi avere. E la festa dei nonni l’avrebbe fatta festeggiare agli altri.



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