domenica 26 novembre 2017

Noi, che i libri non li finiamo e li giudichiamo dal numero di pagine

Dal Giornale del Popolo del 10 novembre
“Ragguagliare non è leggere. Anzi, è l’esatto contrario. Il ragguaglio è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre”. Il bello di avere la memoria di un pesce rosso è che rileggere dei libri per la pura casualità di averli a portata di mano durante un viaggio significa scoprirli di nuovo. Insomma, non è mai troppo tardi per capire che il miglior rimedio alla scomodità cronica di un volo RyaAir è La sovrana lettrice di Alan Bennet, rifugio aristocratico benedetto quando sei circondata da inviti ad acquistare per pochi euro profumi, Kinder Bueno, bevande calde e fredde e gratta e vinci. C’è un mondo in cui i libri si leggono per dovere, qualcuno cerca mestieri che gli consentano di leggere continuamente, qualcuno legge per passare il tempo, qualcuno dice di non averne abbastanza, qualcuno si addormenta con il libro in mano alla seconda pagina. Qualcuno, infine, attraversa queste fasi a periodi alterni. Il preambolo serve a confortare tutti coloro che si svegliano un giorno e scoprono di essere diventati una di quelle persone che chiedono “quante pagine ha” a chi gli consiglia un libro. Giustamente si cerca una giustificazione culturale alla propria cialtroneria, spiegando che decine di pagine inutili se le può permettere solo Dostoevskij, che rivendichiamo il diritto di scegliere cosa leggere e soprattutto il diritto a non finire i libri. Rivendichiamo il diritto di cambiare. Con la segreta speranza di farlo davvero, un giorno.


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