giovedì 5 maggio 2016

Lui petaloso, tu bruttiva

Dal Giornale del Popolo del 26 febbraio

I fatti sono noti e, complice la viralizzazione innescata dai social, ormai ci sono pure un tantino indigesti. Un bambino di terza elementare della provincia di Ferrara, incaricato di descrivere un fiore, lo ha descritto come “petaloso”. La sua giovane maestra ha segnato la parola come “un errore bello” e ha scritto all'Accademia della Crusca. Gli accademici hanno risposto con una bella lettera, in cui spiegano che la parola è ben costruita e che, tuttavia, a determinarne l'inserimento nel dizionario non può essere una commissione di studiosi, ma l'ingresso del termine nel linguaggio delle persone. La storia ha scatenato una marea di condivisioni sui social. Inizialmente per la bellezza e la genuinità della storia. Tutti abbiamo pensato alle nostre maestre preferite, quelle che vedevano genialità nei nostri errori e ci hanno fatto diventare grandi. Poi, a poco a poco, i buoni sentimenti hanno lasciato spazio allo sfottò: se si può chiedere alla Crusca di inserire “petaloso” nel vocabolario perché non anche “inzupposo”, aggettivo tremendo usato da Antonio Banderas per descrivere i biscotti del Mulino Bianco? Della serie: maestra, se l'ha fatto lui perché non posso farlo anche io? Io per esempio vengo definita in diversi modi dalla bambina di quasi quattro anni. Quando è in buona dice che sono bella come Elsa, Ariel, Sven (una renna) e tutte le principesse del mondo. Quando le nego un ovetto Kinder non solo sono cattiva, ma divento improvvisamente brutta. “Mamma, sei bruttiva!”.  

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