giovedì 24 agosto 2017

Noi e quelli che ieri è sempre meglio di oggi

Dal Giornale del Popolo del 9 giugno
Sono i giorni della nostalgia del vecchio letto. Risponderle che altri bambini lo staranno usando la fa diventare pazza e così diciamo che era rotto e comunque era diventato troppo piccolo. “Ma non eri tu quella che voleva cambiare la sua vita?” “Voglio cambiare vita, non letto!”. Proviamo a obiettare che magari si può iniziare cambiando il letto e poi – chissà – la vita può cambiare davvero. Stavamo per iniziare una filippica sulla bellezza di crescere e in fondo “anche Filippo, quello che dici di voler sposare da grande, ecco, lui sta per cambiare casa no?”. Tra le lacrime ha detto che non c’entrava nulla, che lei non è Filippo e che lei vuole indietro il suo vecchio letto, quello in cui ci possono stare lei e sua sorella se si mettono l’una con i piedi in su e l’altra con i piedi in giù. Si è addormentata – in meno di trenta secondi, va detto – tra le lacrime. E noi una sera a pensare che questa cosa del “si stava meglio quando si stava peggio” non è solo una fissa da bambini. Io che rimpiango me stessa dieci chili fa (quando a mia volta ero impegnata a rimpiangermi tre chili prima – e dico tre perché se non potete pensare che una volta sono stata magra veramente) e due, tre lavori fa. Quando per vivere scrivevo. E allora ero sempre alle prese con la mia inadeguatezza, ma almeno era diverso da oggi. Ma almeno, era un prima. Un prima a cui pensare con nostalgia, quel sentimento che uccide noi terrorizzati dal cambiamento. Che viviamo nostro malgrado anche se raccontiamo in giro che le novità sono il sale della vita. Perché in fondo desideriamo tutti il nostro vecchio letto. Anche se quello nuovo e comodo e dovrebbe significare che siamo cresciuti.
  

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